In "La portalettere" di Francesca Giannone, le lettere sono più di semplici buste di carta: sono vettori di segreti, drammi e, diciamolo, un po' di comicità involontaria.
Drammi da busta paga
Entra nel mondo di "La portalettere", dove la posta non è mai stata così emozionante (e sì, stiamo parlando di lettere, non di email). La protagonista è una portalettere che scopre l'arte di consegnare drammi umani travestiti da lettere. Pensavate che la posta portasse solo bollette e volantini del supermercato? Sbagliato! Qui ogni busta è una mini-saga.
La nostra eroina, armata di borsa postale e un'innata capacità di trovarsi nei guai, si imbatte in lettere che sono più di semplici messaggi cartacei. Sono confessioni, segreti, grida d'aiuto e, perché no, qualche dichiarazione d'amore che sarebbe stata meglio non spedire. Con ogni consegna, si addentra di più nel cuore e nei casini della gente.
Mentre distribuisce posta, distribuisce anche consigli, sorrisi amari e qualche occhiataccia. E poi c'è il finale: un colpo di scena che ti lascia con la bocca aperta, tipo quando scopri che quel pacchetto Amazon che aspettavi era in realtà per il vicino. "La portalettere" non è solo un viaggio tra le pieghe dell'animo umano; è una corsa, con un biglietto di sola andata verso il prossimo capitolo. Preparati a ridere, sospirare e forse a scrivere meno lettere dopo averlo letto.
La postina suona sempre...
Diamo un'occhiata critica. La nostra autrice ha deciso, evidentemente in un momento di follia creativa, di trasformare la routine della consegna postale in una tragicommedia epistolare. E ci riesce.
La struttura narrativa è come una scatola di cioccolatini assortiti: alcuni dolci, altri amari, e un paio che ti fanno chiedere, "Ma questo cos'è?". Francesca ci porta in un viaggio attraverso le vite dei destinatari delle lettere, con una storia che si snoda con più curve di una strada di montagna.
Lo stile di scrittura? Siamo nel territorio di un sarcasmo sottile, come un coltello ben affilato che taglia tra le righe. Francesca gioca con le parole come un gatto con un gomitolo di lana, e il risultato è una narrazione che danza tra ironia e pathos, senza mai cadere nel ridicolo (anche se a volte ci passa pericolosamente vicino).
E i personaggi? Ah, i personaggi! Sono come quel cugino lontano che incontri alle riunioni di famiglia: strani, complicati e irresistibilmente umani. Francesca ha il dono di farli sembrare reali, anche quando sono così esagerati da sembrare usciti da un romanzo di Dickens.
Il verdetto finale? Un bel 7/10, perché in fondo a tutti piace una buona storia di postini, segreti e un pizzico di dramma esistenziale. "La portalettere" non sarà il nuovo Proust, ma è sicuramente più divertente da leggere in spiaggia. E, onestamente, chi ha bisogno di Proust quando hai lettere scandalose, amori non corrisposti e un finale che ti lascia con più domande che risposte?
Perché te lo consiglio
Te lo consiglio perché è come spiare dal buco della serratura i difetti umani, senza il rischio di essere scoperti. È un circo di personalità esagerate, dove ogni personaggio sembra competere per il premio "Dramma dell'Anno". E questo, ammettiamolo, è colpevole piacere.
Perché non te lo consiglio
Non te lo consiglio se cerchi una lettura leggera come una cartolina. Qui le lettere sono cariche come pacchi postali di Natale, e a volte l'umorismo cede il passo a un dramma che nemmeno una soap opera oserebbe toccare. Insomma, se vuoi evitare un sovraccarico di segreti e confessioni, forse questo libro non fa per te.