Ettore Scola ci porta in un viaggio tragicomico nella periferia di Roma con "Brutti, sporchi e cattivi", dove il denaro fa più schifo del fango.
Famiglia che ruba unita, resta unita... forse
Allora, tenetevi forte: "Brutti, sporchi e cattivi" di Ettore Scola è un'ode alla disfunzione familiare che ti fa sentire quasi normale per quanto strambo sia il tuo clan. Nel cuore di una baraccopoli romana, incontriamo Giacinto Mazzatella, un patriarca con un occhio solo e un cuore... beh, non proprio d'oro. Dopo aver incassato un bel gruzzoletto da un'assicurazione per la perdita dell'occhio, Giacinto diventa l'obiettivo numero uno di una famiglia che non si fa scrupoli a dimostrare il detto "il sangue è più denso dell'acqua... ma i soldi sono più densi di entrambi."
La trama si infittisce quando Giacinto decide di portare a casa una nuova fiamma, una prostituta con un cuore tanto grande quanto il suo appetito, e annuncia che dormiranno tutti insieme nel letto matrimoniale, che già straripa di parenti vari. La risposta della moglie? Un piano di famiglia degno di un episodio rimosso de "I Soprano" per eccessiva brutalità: avvelenarlo durante una festa con un piatto di pasta alle melanzane extra letali.
Nonostante un tentativo di omicidio da manuale, il nostro Giacinto non solo sopravvive ma, con spirito di rivalsa degno di una tragedia greca, decide di bruciare la baracca con tutti dentro. Spoiler: non muore nessuno, e il plot twist finale è che la famiglia, ora più unita e numerosa che mai, continua a vivere insieme nella stessa, ora ancor più affollata, baracca.
E mentre pensi che la storia sia finita, ecco l'ultimo colpo di scena: la gravidanza inaspettata di una delle nipoti, promessa di nuove generazioni di Mazzatella pronte a continuare il ciclo di amore, odio e, naturalmente, strategie di sopravvivenza borderline illegali. "Brutti, sporchi e cattivi" non è solo un film, è un manuale su come sopravvivere in famiglia senza perdere (completamente) la sanità mentale.
Quando il realismo incontra il ridicolo
"Brutti, sporchi e cattivi" è un film che ti fa ridere in momenti in cui non sei sicuro se dovresti. Ettore Scola, il mago dietro la macchina da presa, ti trascina in un vortice di vita reale condito con una dose generosa di surrealismo. È come guardare un documentario sulla natura dove, invece di leoni e gazzelle, hai una famiglia italiana che si azzanna per un pezzo di formaggio—metaforico e letterale.
La regia di Scola è un mix esplosivo di critica sociale e comicità nera. Ha l'occhio del chirurgo e il tempismo del comico, sezionando la società con precisione mentre ti fa sbellicare dalle risate. Nino Manfredi, nei panni del patriarca Giacinto, è un vulcano in eruzione continua, una forza della natura che domina ogni scena con la sua presenza imponente e il suo carisma rozzo ma irresistibile.
La fotografia del film è un'altra protagonista: cattura l'essenza della miseria senza mai cadere nel pietismo, mostrando la baraccopoli non solo come una prigione di lamiera ma come un teatro di umanità. I costumi sono straordinariamente autentici, trasudano la vita di chi ha poco e fa di tutto per apparire come se avesse tutto sotto controllo.
La colonna sonora, discreta ma efficace, suona come una ninna nanna suonata durante una rissa in un bar: è lì, sottile, eppure perfettamente in tono con il caos ordinato che regna sovrano.
Dopo una discesa nella vita di questi personaggi memorabilmente imperfetti, "Brutti, sporchi e cattivi" si merita un solidissimo 9 su 10. Non solo perché Scola ci regala una pellicola cruda e genuina, ma perché riesce a farci amare questi personaggi, nonostante (o forse grazie a) tutti i loro difetti. Un film che non solo ti diverte, ma ti fa anche pensare—e forse, solo forse, ti insegna qualcosa sulla resistenza umana, sul perdono e su come, alla fine del giorno, anche la famiglia più disastrata possa trovare un modo per tirare avanti insieme.
Perché te lo consiglio
Te lo consiglio perché questo film trasforma i difetti umani in una commedia d'arte. L'avidità, la disonestà e il tradimento sono serviti su un piatto d'argento con una guarnizione di risate amare. È una lezione su come la povertà può spingere le persone agli estremi, ma raccontata con un tale brio che non puoi fare a meno di apprezzarne la crudele ironia.
Perché non te lo consiglio
Non te lo consiglio se cerchi storie di eroi senza macchia e di moralità immacolata. Qui, i personaggi sono sporchi sia dentro che fuori, e la storia ti trascina nel fango insieme a loro. Se preferisci il cinema che ti lascia pulito e sereno, forse è meglio guardare altrove.